Il Santo del Giorno: 28 novembre
Il Santo del Giorno si propone di essere una rassegna quotidiana sulla storia dei Santi, contenuti all’interno del Calendario Vaticano e custoditi nella memoria della Chiesa.
Narrazioni di maestri di vita cristiana di tutti i periodi storici che, come fari luminosi, illuminano e orientano il nostro cammino.
Il Santo del giorno
28 Novembre
Nome: GIACOMO
S. GIACOMO della MARCA
Confessore (1394-1476)
“Padre, io vado a predicare a Gubbio – disse Fra Giacomo a Fra Bernardino da Siena. – E voi dove andrete?”. “Io me ne andrò nel Regno” rispose Bernardino.
Pochi giorni dopo Giacomo interruppe la predica, fece recitare a tutti gli astanti un Miserere, poi disse: “In questo momento cade in terra una grande colonna”.
In quel momento, infatti, moriva S. Bernardino da Siena. Giacomo si chiamava della Marca, perché era nato, nel 1394, a Monteprandone, in provincia di Ascoli Piceno, e, a 22 anni, in Santa Maria degli Angioli, aveva ricevuto il saio francescano proprio da S. Bernardino.
“O buon padre – dirà poi – io mi ricordo quand’ero novizio e tu mi tagliasti con le tue mani la mia prima tunica”. Si diede, come il maestro, alla predicazione, con grande successo, non solo in Italia, ma in Bosnia, in Boemia, in Polonia. Stava mangiando, quando gli giunse l’ordine del Papa di partire per l’Ungheria.
Si alzò immediatamente, senza neppure finire di bere. L’obbedienza veniva da lui interpretata nella più assoluta e istantanea maniera. La sua vita era di estrema penitenza. Faceva sette quaresime durante l’anno, e negli altri giorni il suo cibo era formato da una scodella di fave cotte nell’acqua.
Eppure resistette fino agli ottanta anni, nella faticosa vita del predicatore volante. I temi della sua predicazione erano quelli stessi di S. Bernardino, e nei temi morali, S. Giacomo della Marca insisteva su quello dell’avarizia e dell’usura. L’usura era la piaga di quei tempi.
Per combattere l’usura, S. Giacomo della Marca ideò i Monti di Pietà, dove i miseri potevano impegnare le proprie cose, non più all’esoso tasso preteso dai privati usurai ma ad un interesse minimo. Colto da terribili coliche, il magro e quasi distrutto predicatore marchigiano temeva soltanto una cosa: che il dolore fisico lo distraesse dalla preghiera, nelle ultime ore della sua vita.
Ai confratelli chiedeva insistentemente perdono per il cattivo esempio che aveva dato. Morì a Napoli, nel 1476, dicendo: “Gesù, Maria. Benedetta la Passione di Gesù”.
28 Novembre
Nome: CATERINA
S.ta CATERINA LABOURE’
Vergine (1806-1876)
La notte del 27 novembre 1830, un fanciullo vestito di bianco e fasciato di luce svegliò silenziosamente una giovane novizia, nella Casa Madre delle Figlie della Carità in Rue du Bac, a Parigi. Seguendo la sua piccola guida, la novizia attraversò il convento addormentato e giunse fino alla cappella.
Qui alzando la testa, vide illuminarsi anche la chiesa. Di fianco all’altare, sollevata da terra, era apparsa una radiosa Signora, vestita di bianco e ammantata d’azzurro. Aveva il capo coronato da dodici luci, simili a stelle. Sui piedi scalzi posavano due rose rosse, e sotto ai piedi si attorceva un serpente.
All’altezza del cuore, la Signora bianco-celeste reggeva un globo raffigurante la terra. Le dita erano ornate da preziosi anelli. Attorno alla figura era scritto: “O Maria concepita senza peccato, pregate per noi che ricorriamo a Voi”. La visione era completata da una grande “M” sormontata da una croce e con sotto due cuori fiammeggianti: uno coronato di spine, l’altro trafitto di spada.
Finalmente, la giovane suora udì una voce che le diceva: “Fate coniare una medaglia secondo questo modello”. Ma come poteva una povera novizia fare questo? Fu il confessore, al quale ella rivelò la cosa, ad incaricarsi allora di perorare presso i superiori la causa della “medaglia miracolosa”, così detta per la sua prodigiosa origine e per le molte grazie ottenute.
Ma non trapelò il nome della suora che era stata protagonista di quei fatti. Caterina Labouré, detta familiarmente Zoe, era nata in campagna, nel 1806, a Fains-les-Moutiers, in mezzo a dieci tra fratelli e sorelle, presto rimasti senza mamma e di cui ella fu la premurosa mammina.
Con molta difficoltà ottenne, dal padre agricoltore, il permesso di entrare tra le Figlie di S. Vincenzo. Dopo la professione ella restò la più umile e zelante delle Figlie della Carità. Il posto preferito di colei a cui era apparsa la Madonna fu nelle cucine, in lavanderia, nelle corsie degli incurabili.
I lavori più pesanti erano “le sue gemme”; ma il suo tormentoso desiderio fu quello di veder diffusa la “sua” medaglia. Fu esaudita prima di spegnersi dolcemente, a settant’anni. Solo allora il suo nome corse per il mondo.
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