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Il Santo del Giorno: 1 febbraio

Il Santo del Giorno si propone di essere una rassegna quotidiana sulla storia dei Santi, contenuti all’interno del Calendario Vaticano e custoditi nella memoria della Chiesa.

Narrazioni di maestri di vita cristiana di tutti i periodi storici che, come fari luminosi, illuminano e orientano il nostro cammino.

Il Santo del giorno

1 Febbraio

Nome: SEVERO

S. SEVERO di RAVENNA Vescovo († 348)

Il San Severo che oggi onoriamo fu il dodicesimo vescovo di Ravenna, successore di Marcellino e predecessore di Liberio. Pochissime le notizie che ne abbiamo.

Fu presente al Concilio di Sardica (342-43) ed il suo nome appare tra i sottoscrittori dei canoni della lettera sinodica a Papa Giulio e di quella a tutti i vescovi.

Questo particolare costituisce il più antico riferimento cronologico sicuro per la storia della Chiesa Ravennate. Morì un 1° febbraio come già riporta l’antico Calendario italico (“Ravennae depositio sancti Severi episcopi et confessoris”). Venne sepolto nella zona classicana detta del Vicus Salutaris.

Altre testimonianze antiche di culto sono: una nota del 27 novembre nel Martirologio Geronimiano celebra una traslazione di sue “reliquie” a Milano, poco dopo l’episcopato di Ambrogio.

Un’altra traslazione è celebrata al 3 settembre quando il patriarca Elia nel 568 si rifugiò a Grado sotto l’incalzare del Longobardi, vi portò da Aquileia reliquie anche di S. Severo: in una delle capselle reliquiarie ritrovate sotto l’altare di Grado sono state rinvenute sei laminette d’oro su una delle quali è l’iscrizione + scs Severus.

Nel secolo VI testimoniano il culto di S. Severo a Ravenna i mosaici di S. Apollinare e la basilica di S. Severo in Classe. Fu eletto vescovo a Pentecoste e questa coincidenza fu forse il nucleo da cui nacque la leggenda dell’elezione episcopale di Severo attraverso un miracoloso intervento dello Spirito Santo sotto forma di colomba.

Parlano di lui due sermoni di S. Pier Damiani, una Vita scritta da un monaco anonimo di Classe tra il 1050 e il 1070. Il santo, povero lanaiuolo di Ravenna, si reca in chiesa per assistere all’elezione del nuovo vescovo, ed una colomba gli si posa ripetutamente sopra così che tutto il popolo riconosce che è lui l’eletto di Dio.

La biografia esalta il vescovo santo, la sua povertà evangelica, ed anche la santità della famiglia. Il corpo di Severo non rimase per molto tempo nella sua basilica di Classe. Nell’842 un monaco franco di nome Felice rapì le reliquie di Severo e le trasferì prima a Magonza, poi ad Erfurt, e così il suo culto si diffuse in tutta la Germania e a Ravenna.

1 Febbraio

Nome: VERDIANA

S.ta VERDIANA
Vergine (sec. XIII)

A Firenze Santa Verdiana è familiare a tutti per un fatto umanamente doloroso: perché da Santa Verdiana trae il nome un penitenziario femminile, sistemato in un antico convento di monache.

Anche Santa Verdiana fu prigioniera, ma prigioniera volontaria. Era nata a Castelfiorentino, di nobile famiglia, visse nella casa di uno zio facoltoso, come economa o amministratrice.

Pare che questo zio fosse un mercante di generi alimentari. Una volta, in tempo di carestia, egli concluse con vantaggio la vendita delle sue merci. Ma quando il compratore si presentò a ritirare le derrate, il magazzino fu trovato vuoto. Verdiana, per aiutare i poveri, aveva distribuito tutto.

All’ira dello zio mercante, Verdiana rispose con la preghiera; trascorse tutta la notte, per riparare al danno commesso. La mattina dopo le casse sono colme, i sacchi di nuovo pieni! L’onore del mercante è salvo, il cliente è soddisfatto e, quel che più conta, i poveri sono stati sfamati!

E Verdiana? In quel paese cominciano ad additarla come una Santa, ma ella sente il richiamo della solitudine e della penitenza. E per essere certa della sua chiamata, parte per la Spagna a pregare sulla tomba dell’Apostolo Giacomo, a Compostela.

Poi scende a Roma, confusa fra i pellegrini romei e decide: si farà sepolta viva, come gli asceti del lontano Oriente. Ma non su una montagna inaccessibile o nel deserto della Tebaide, ma a Castelfiorentino, nel cuore della Toscana. Ai piedi del borgo, c’è un oratorio dedicato a Sant’Antonio Abate.

Accanto a quell’oratorio, Verdiana fa costruire una celletta; vi entra, rivestita col saio austero degli eremiti; poi fa murare la porta. Rimane aperta soltanto una feritoia, sufficiente per introdurre il pane e l’acqua, seguire le funzioni religiose, fare la confessione e ricevere la Comunione.

Così per 34 anni. Prigioniera per amore, reclusa volontaria, carcerata innocente. Pochi la possono avvicinare, oltre al confessore. E quei pochi sono ancora, i bisognosi: Verdiana li consola con le parole e li rincuora con l’esempio. Un giorno, nel 1221, le fa visita un giovane magro, vestito di sacco e cinto di corda. Si chiama Francesco e viene da Assisi.

 

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